Recensione del libro-intervista ''Prosim strucne'', di V. Havel.
Data: Monday, 02 October @ 08:21:39
Argomento: Articoli (IT)


Il libro, simile ad Interrogatorio a distanza del 1986, raccoglie le risposte scritte di Havel alle numerose sollecitazioni del giornalista Karel Hvizd'ala su varie tematiche. Il titolo vuol essere una specie di "punizione" nei confronti di un giornalista televisivo che ai suoi ospiti chiedeva sempre di "esser brevi": Ma perchè mai – commenta Havel – li chiamava lì se poi non gli permetteva di rispondere come si deve? "Perciò a nome di quegli infelici punisco il tal giornalista titolando questo libro con la sua frase preferita": "Sia breve, per favore".
Le risposte a Hvizd'ala si alternano a passi da appunti scritti nel decennio 1993-2003 e che dovrebbero illustrare "la vita di un presidente ceco meglio di qualsiasi altra riflessione". Nonostante alcune domande possano apparire al pubblico italiano piuttosto noiose, Havel riesce sempre a dominare la scena e a far immedesimare il lettore nella miriade di banali complicazioni quotidiane che hanno caratterizzato la sua permanenza al Castello, come in questo appunto dell'agosto.1999: "Nello sgabuzzino dell'aspirapolvere ci vive un pipistrello. Come facciamo a mandarlo via? La lampadina è già stata svitata perchè non si svegli e non si irriti". I temi trattati vanno dall'Europa alla rivoluzione di velluto, dai suoi rapporti conflittuali con l'attuale presidente Klaus al muro di incomprensione cui ha dovuto far fronte la seconda moglie Dagmar, dalla diversità della vita negli USA all'incapacità di farsi obbedire dal computer…
Scritto in un ceco letterario moderno, il libro non stanca proprio grazie alla capacità del drammaturgo di stemperare gli argomenti più faticosi. Come sempre, non manca mai l'ironia: "Mi viene da sorridere – scrive verso la fine – quando mi accorgo che i miei interlocutori non sanno come rivolgermi la parola. Uno mi chiama 'signor presidente', un altro 'signor ex-presidente', oppure 'signor Havel'; mi aspetto che prima o poi qualcuno mi si rivolga chiamandomi 'signor ex-Havel'…"



Proponiamo la nostra traduzione di una pagina di appunti datata 10 luglio 2005.
"Sono fuggito. Sono fuggito a Hradecek. Sono qui da solo e l'angustia mi assale. Tutto qui mi ricorda gli ultimi dieci anni, ci sto volentieri in questo posto, è il mio rifugio, il mio focolare esistenziale, e mi rendo sempre più conto che non si può tornare indietro e che ora sono diverso da quel che ero quando qui scrivevo le mie opere, preparavo i miei cibi sperimentali, organizzavo seratine allegre e incontri clandestini fra dissidenti. Sono più vecchio, più malato, più stanco. Non so perché ma è come se aumentasse la mia paura del mondo e della gente. Il solo telefonare a qualcuno mi dà fastidio. E in più oggi c'è un tempo così strano… Ricordo la permanenza a Washington con Dasa come un frammento bello della nostra vita. Il ritorno invece è stato uno shock. L'atmosfera politica opprimente. Gli interventi settimanali del presidente, così equivoci, che chissà perché non interessano a nessuno – tranne a qualche minoranza illuminata – ma che gli alzano la popolarità nei sondaggi. Viviamo in un mondo di intermediari e di intermediari degli intermediari, in un mondo di lobbisti, consulenti, agenti di public relations, dove uno paga un altro perché gli faccia conoscere un terzo che paga un quarto perché combini con tizio, che lo può consigliare su come trarre guadagno da qualcosa che ha fatto caio. Mi meraviglio di come tutti accettino questo mondo di intermediazione, e soprattutto come io abbia potuto svolgervi la mia funzione politica visto che mi è tanto estraneo e che soprattutto non mi ci riconosco…
Se si torna dopo tanto tempo, sembra davvero di ritrovare un paese di pescecani e avventurieri postcomunisti. Ma c'e sempre qualche speranza: crescono nuove generazioni di persone libere e non deformate dal comunismo e dalle privatizzazioni, ed esistono numerose iniziative civili, gruppi e partiti minori che stanno fuori dalle strutture ufficiali ma che vorrebbero potervi interagire. Non solo per criticare le condizioni e l'incredibile alienazione della politica e dei cittadini, ma per partecipare alle elezioni, entrare e agire nella politica pratica… In fin dei conti però sono scontento di me stesso, come al solito. Mi perseguita la sensazione di fare passi sbagliati e che nessuno osi dirmelo. Quando improvviso gli interventi mi sembra di tartagliare spesso, di non riuscire più ad usare motti di spirito e di essere coerente, mi dimentico cosa volevo dire, mi ingarbuglio. Forse è solo la stanchezza che si è accumulata con la vita. Allo stesso tempo però ho ancora i miei compiti di ex-presidente, devo ricevere visite importanti, devo scrivere interventi di vario genere riguardanti i miei impegni internazionali per i diritti umani, decidere centinaia di particolari, concedere colloqui, e tutto come se nulla fosse…
In breve, sono fuggito a Hradecek nella speranza di riposarmi dal mondo e ritrovare la pace interiore. Ma anche a questa speranza, sostanzialmente ingenua, è stata inferta una ferita: i cespugli attorno alla casa, che curavo da almeno quarant'anni e che rappresentavano una difesa sicura della nostra sfera privata, durante la mia assenza chissà perché sono stati tagliati, è stato un vero attacco alla mia identità, come se qualcuno mi avesse reciso gli arti. Il paradosso è che il primo shock per questo fatto l'ho avuto nel momento in cui alla tv trasmettevano la finale del concorso sul 'ceco più famoso' dove mi sono piazzato terzo dietro a Carlo IV e a Masaryk ed ero l'unico ancora vivo fra i primi dieci. Mentre guardavo dalla finestra quella desolazione, mi son detto che il titolo che mi meritavo era piuttosto quello dell'idiota più famoso".

 

 

il libro-intervista è stato pubblicato dall'ed. Gallery quest'anno.







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