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 articolo su kundera sul corriere

Articoli (IT)Ele scrive "

Il caso Kundera
I critici accusano: ormai ha perduto l’ispirazione

LA DISCUSSIONE: Dopo un articolo sul «New Yorker» il celebre scrittore che
ha abbandonato la lingua madre divide il mondo letterario

L’autoritratto dell’artista da vecchio, se porta il nome di Milan Kundera,
fa subito il giro del mondo. Così il brano dal titolo Che cos’è un
romanziere?, pubblicato sull’ultimo numero della rivista The New Yorker con
la sua firma, scatena subito una discussione a tutto campo.: sul celebre
scrittore ceco, sul valore letterario della sua opera, sul contesto storico
e persino sul giudizio morale da riservare alla sua persona. Poco importa se
Che cos’è un romanziere? Ricalca, parola per parola, un capitolo de Il
Sipario, la sua ultima raccolta di saggi critici e filosofici sull’arte
pubblicata l’anno scorso da Adelphi. Perché tutti sanno, e i suoi fan per
primi, che dietro alle teorie letterarie di Milan Kundera si nasconde
nient’altro che lui stesso, l’autore de L’insostenibile leggerezza
dell’essere, lo scrittore mitteleuropeo che più di ogni altro, forse, oggi
sembra incarnare la sacralità dello scrittore.



Che questa identificazione tra l’autore e la sua opera in linea di principio
sia ovvia e immediata, Kundera lo chiarisce subito nel suo saggio: citando
Hegel, ricorda che il poeta lirico, e in fondo ogni giovane scrittore,
continua a disegnare sempre «il ritratto di sé stesso», qualunque cosa stia
scrivendo. Ma quando arriva alla maturità della sua arte, trasformandosi in
un vero narratore? Quando, risponde, avviene in lui una «conversione»: cioè
«Saul diventa Paolo, e il romanziere nasce dalle rovine del suo stesso mondo
lirico». In questo consiste, come in un gesto iconoclastico, la bravura
dello scrittore. Deve rompere il sipario magico e mitico che avvolge il
mondo, presentandolo ai lettori per quello che invece è: a volte squallido,
altre tragico, il più delle volte ³comico² (nel senso, potemmo aggiungere
dei suoi Amori ridicoli).
Insomma, scrive Kundera, «la conversione anti-lirica è una esperienza
fondamentale nel curriculum vitae del narratore». Questo vale per tutti i
veri grandi, da Cervantes a Flaubert, capaci di annullare se stessi nella
propria opera, addirittura «facendo credere ai posteri di non essere mai
vissuti». E ancora più ambiziosamente, rivelando il lettore a se stesso: «il
suo lavoro è solo una specie di strumento ottico che lui fornisce al
lettore, in modo che egli possa discernere cose che non avrebbe mai visto in
se stesso senza quel libro».
Questo dunque «il progetto estetico», «l’etica dell’essenziale»
dell’artista: «uno scrittore che è il solo padrone del suo lavoro; che anzi
è il suo lavoro». Che questo sia un autoritratto dello stesso Kundera, oggi
sono in tanti a crederlo: gli stessi che si dividono su tutto il resto,
giudicandolo un genio in cattedra, o al contrario un grande decaduto.
(Dario Fertilio)

Sezione: varie - Pagina: 039
(11 ottobre, 2006) Corriere della Sera


* Un ribelle tra Praga e Parigi *** Milan Kundera è nato a Brno, nell'
attuale Repubblica Ceca, nel 1929. Attualmente vive e lavora in Francia,
paese che l' accolse quando, nel 1975, venne espulso dalla Cecoslovacchia
per aver partecipato alla Primavera di Praga. In patria, la pubblicazione
dei suoi libri è stata proibita fino al crollo del regime filosovietico
Conosciuto in un primo tempo come autore di racconti, poesie e drammi
teatrali, Kundera esordì come romanziere nel 1967 con «Lo scherzo», uscito
proprio durante la Primavera di Praga. La consacrazione definitiva gli
giunse nell' 84 con «L' insostenibile leggerezza dell' essere», portato
sullo schermo da Philip Kaufman nel 1988 con gli attori Juliette Binoche e
Daniel Day-Lewis In Italia i suoi libri (romanzi, racconti e saggi, tra cui
«Il sipario», dedicato all' arte del romanzo) sono pubblicati dalla casa
editrice Adelphi

DaI corriere della sera (pag 39)
Mercoledì 11 ottobre 2006


*

Sezione: varie - Pagina: 039
(11 ottobre, 2006) Corriere della Sera


i suoi lettori

Fan contro delusi: «Restano gli ideali», «È solo una vacca sacra»

Cercasi il vero Milan Kundera, disperatamente. Sì, ma quale? Il giovane
talento moravo, grande o addirittura geniale, che seppe rappresentare come
nessun altro le sofferenze della Cecoslovacchia sotto il tallone comunista
ne Lo scherzo oppure ne Il valzer degli addii? Oppure il maestro sentenzioso
e misantropo, francesizzato nella cultura e nella lingua, ormai più propenso
alla filosofia che alla narrazione pura, che abbiamo imparato a conoscere
nelle sue ultime opere intitolate La lentezza, L' identità o L' ignoranza?
Kundera uno contro Kundera due, insomma, o meglio kunderiani ortodossi
contro kunderiani delusi: la polemica, che finora si è intrecciata
soprattutto fra la Boemia e la Francia, adesso minaccia di estendersi all'
America dopo la pubblicazione su The New Yorker di «Che cos' è un
romanziere?». È stato in patria, nella Praga abbandonata nel 1975 dallo
scrittore in partenza per l' esilio, che si sono levate le prime fiammate
polemiche. Fino alla «rivoluzione di velluto» quella che avrebbe ristabilito
la democrazia nell' 89, naturalmente gli attacchi erano stati di parte
comunista: la sua denuncia della snazionalizzazione sovietica in atto in
Cecoslovacchia e negli altri paesi del Centroeuropa era stata letta come un
atto d' accusa contro quei regimi. Ma anche in seguito per lui le cose in
patria non sono migliorate. Non gli è stata perdonata soprattutto una
decisione: quella di vietare la traduzione in ceco dei suoi libri (che da
anni scrive invece direttamente in francese) giustificandosi con il rigore
filologico. Kundera sostiene in sintesi: o mi autotraduco io, oppure niente.
E dal momento che impegni ed età ormai avanzata gli impediscono di
occuparsene, i suoi connazionali devono arrangiarsi a leggere le sue opere
in francese o in un' altra traduzione. Da qui le discussioni senza fine,
culminate con l' uscita su un internet di un' edizione clandestina, in
lingua ceca, de L' identità. Paradosso dei paradossi: lo scrittore simbolo
della dissidenza scende in guerra contro i "samizdat" che diffondono i suoi
libri come se si trattasse di merce proibita (oltre che su internet, anche
in edizioni canadesi ad opera di gruppi "dissidenti"). Gli studenti boemi e
moravi ce l' hanno con lui, costretti come sono a prepararsi agli esami di
letteratura ceca su testi in francese, e uno di loro, sul quotidiano Lidove
noviny, arriva addirittura ad accusarlo di essere lui stesso, Kundera, il
traduttore fantasma dell' edizione pirata su internet, per motivi
evidentemente promozionali. Lo scandalo monta al punto che la scrittrice e
critica letteraria Tereza Brdeckova deve intervenire su Radio Praha per
difendere lo scrittore: «Tradurlo è stato inevitabile, non però
disprezzarlo. Da noi le critiche su di lui contengono quasi sempre aspetti
negativi, mentre è giusto considerarlo il più famoso scrittore del mondo in
lingua ceca, anche se non è mai stato davvero riconosciuto in patria». Ma
sarà poi vero che si tratta di un genio? O piuttosto di una «vacca sacra»
che è impossibile criticare? La discussione si sposta di qualche migliaio di
chilometri, in Francia, patria elettiva di Kundera, il giorno in cui il
critico letterario di Le Monde e del Nouvel Observateur, Pierre Assouline,
lancia la sua provocazione: «Che cosa gli è successo?», si chiede. Per poi
decretare senza pietà: nei suoi libri in francese «scrive male e pensa con
pesantezza», si abbandona a considerazioni che hanno l' aria d' essere
profonde mentre sono soltanto roboanti (del tipo «Io so che cosa voglia dire
per un uomo vivere la morte della propria nazione»). Non l' avesse mai
fatto, sui giornali e sui blog francesi si scatena inferocito il popolo dei
kunderiani, accusando Assouline di nazionalismo francofono («Lei non perdona
a Kundera d' essersi permesso di usare la nostra lingua»; «Prima di
giudicarlo, bisogna capirlo»; «Ha il coraggio di avere aspirazioni e
ideali»; «Si può preferire un ciclo delle sue opere a un altro, ma la
qualità è nettamente superiore alla media degli scrittori», eccetera). Non
occorreva altro al popolo degli ex-kunderiani oggi pentiti: eccoli scendere
in campo sui giornali e sui blog a sostegno di Assouline (e anche di
Philippe Sollers, uno dei primi a denunciare «l' appannamento» del Kundera
francofono). E così, via con le denunce: «Se non amassi Kundera come l' amo,
non sarei così desolato nel vedere come è diventato; «Guai a chi tocca l'
autore di culto»; «Cerco ostinatamente di ritrovare quell' impressione di
vertigine che mi aveva dato l' Immortalità, senza successo»; «Non appartiene
più alla letteratura ma alla religione»; «Ricco di certezze e povero di
vocabolario, legifera e trancia giudizi ad ogni momento»; per arrivare al
sofisma e al dileggio aperto: «Kundera è sacro/ le vacche sono sacre/ dunque
Kundera è una vacca». È siamo ormai al «caso Kundera». Doppiamente
contraddittorio e paradossale perché suona come una smentita provata delle
sue teorie letterarie e delle sue denunce culturali. Anzitutto perché ha per
oggetto la personalità dello scrittore, proprio quella che lui giudica priva
di importanza nell' ultimo articolo su The New Yorker (del resto mette in
pratica il concetto anche nella vita, sfuggendo agli incontri pubblici e
agli intervistatori, dichiarando che il narratore dovrebbe sparire come
persona, identificandosi completamente con la scrittura). E poi per uno
motivo, diciamo così, politico: chi contesta le sue opere letterarie
recenti, nell' Est Europa, difende di solito il suo anticomunismo e la sua
storica propensione ad esprimere le sofferenze patite a causa dei sovietici.
In Francia, e in generale in Occidente, si verifica spesso tutto il
contrario: la maggior parte dei lettori gli è ancora fedele, pur
considerando un po' esagerata e retorica la sua critica ai vecchi regimi
dell' Est, le cui colpe non sarebbero paragonabili a quelle dei nazisti (ad
esempio in Francia, al tempo della repubblica collaborazionista di Vichy).
Ma adesso, con lo sbarco della polemica in America, forse si apre un nuovo
capitolo.

Fertilio Dario
"



 
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